Il giusto approccio di un allenatore di calcio con i bambini
I bambini vengono allenati in modo efficace solo con un approccio di comunicazione positiva. Quante volte ci sarà capitato di assistere da comuni spettatori a quelle tipiche sfuriate degli allenatori di calcio verso la propria squadra o, peggio ancora, verso un singolo giocatore? Sicuramente troppe!
Quante volte la famosa “diagonale” non è stata coperta?
Quante volte “non hanno scalato”?
Quante volte ”era del portiere”?
Il grosso problema è che molte volte queste frasi vengono rivolte a bambini di 6/8 anni. Non va assolutamente bene.
Noi allenatori, dobbiamo sforzarci, specialmente con i più piccoli, a parlare loro in modo positivo, dall’espressione più semplice alla più complessa.
“Hai sbagliato!”, lo possiamo tranquillamente modificare in “potevi fare così”;
“Non hai visto che lui era libero?”, andrebbe modificato in “c’era un tuo compagno meglio piazzato, poteva aiutarti”;
“Portiere ma non hai le mani?”, è sicuramente meglio “prova a fermarla con le mani”.
E via di seguito.
Gli avversari sono dei compagni di gioco, l’arbitro (con la ERRE e non come spessissimo si sente pronunciare “albitro”) non è un nemico su cui riversare tutte le colpe della sconfitta, è una persona che può sbagliare ma che lo fa sempre in buona fede. È vero, certe volte si vedono arbitraggi troppo “casalinghi”, ma fa parte, purtroppo, del nostro essere dilettanti.
Allenare in modo positivo i piccoli ci permetterà di avere degli adolescenti con alcune regole fondamentali, che se insegnate in tenera età, potranno evitare alcuni di quei fenomeni di “bullismo”, tanto attuali, dettati dalla mancanza di regole nei ragazzi; per loro fare stupidate non è infrangere la regola, loro, la regola, non l’hanno proprio.
Alla luce di quanto esposto, ed anche per la preparazione non solo tecnica, ma anche psicologica del giovane calciatore, ritengo fondamentale il modo e l’atteggiamento con cui rivolgersi loro.
Il richiamo singolo, specie se rivolto con un tono alto della voce, non sempre riesce a sviluppare nel bambino la reazione che noi ci aspettiamo ma, al contrario, può indurlo a non riprovare più quel gesto per la paura di sbagliare.
Tipica nel portiere è “l’uscita sbagliata”. Come comportarci se un bambino abbozza un’uscita e la sbaglia clamorosamente? La prima cosa che viene in mente è quella di urlare al portierino di stare attento e di non sbagliare… (facile per l’allenatore, che ha già scaricato le responsabilità sul piccolino), ma stiamo certi che, la prossima volta, prima di uscire, il piccolo numero uno ci penserà molto e la palla sarà già passata. Allora tutti ad urlare “esci”! Come comportarci allora?
Parliamo in modo positivo. “Hai fatto bene ad uscire, avrebbero fatto goal comunque. Se la prossima volta riesci almeno a toccarla vedrai che non riusciranno ad infilarci” (importante è rendere partecipi tutti i bambini, nel bene e nel male).
Solo in questo caso il bambino si sentirà autorizzato e soprattutto incitato a riprovare, a costo di sbagliare ancora. E così via per tutti i gesti.
Sempre a proposito dell’“uscita del portiere”, gli allenatori dovranno tener presente anche le capacità coordinative necessarie ed appropriate ad un bambino. Non possiamo di certo chiedere una lettura della traettoria ad un portiere di 6/8 anni, non ne ha le capacità!
Nessuna frase mi appare più indicata per educare e rispettare un bambino che, a differenza di tante e forse troppe persone che gli stanno intorno (genitori compresi), ha solo il diritto di potersi divertire.
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